Il libro รจ organizzato in 3 parti: la prima parte โ La relazione con gli allievi โ analizza la relazione fra lโinsegnante e lโallievo, per condurre entrambi a decisioni piรน consapevoli. Lโaccento รจ posto sullโintegritร con cui gli insegnanti conducono il proprio lavoro, su come condurre un gruppo di principianti, su come gestire il rapporto col denaro.
Tutta la seconda parte โ Il potere delle parole โ tratta gli aspetti elencati (formazione; certificazione; correggere e toccare; rimborsi; abbigliamento adatto) e si scopre che cโรจ una differenza fra il rapporto insegnante/allievi, la gestione pratica di un centro yoga e le considerazioni etiche che la riguardano.
La terza parte โ Lโeserciziario per lโinsegnante โ รจ proprio un manuale per insegnanti, con esercizi per ogni stadio del loro sviluppo (con uno sguardo allโetica dellโinsegnamento), riporta alcuni โcasiโ e come si possono risolvere.
Patanjaliโฆ e chi altrimenti?
Quasi ogni capitolo apre con un aforisma scelto su misura tra i Sutra di Patanjali, che ritroviamo elencati per intero nellโAppendice in fondo al volume, dove cโรจ anche lโIndice analitico (essenziale, ma estremamente utile).
Come potrei poi non notare, personalmente, che la frase-guida di un altro mio percorso (sempre “indiano”, ma con la tradizione dei Lakota-Sioux) รจ la stessa di cui parla lโautrice a p. 8 del libro: โ[โฆ] una veritร fondamentale: siamo tutti connessi in modo inestricabile.โ; in lingua Lakota si dice Mitakuye Oyasinโ, โTutto รจ collegatoโ.
Altre frasi culto allโinterno del libro
โNellโapprendimento dello yoga, lโinsegnante puรฒ portare lโallievo solo fino a dove รจ giunto lui stessoโ; oppure: โร difficile separare la vita professionale di un insegnante di yoga da quella personale.โ
โMentre in molte professioni รจ normale mantenere distinti il comportamento professionale e quello ammissibile nella sfera privata, la professione
di insegnante di yoga non consente di avvalersi di tale sdoppiamento. Le fondamenta della tradizione dello yoga sono strettamente legate alla conduzione di una vita morale in cui le nostre azioni siano congruenti con i nostri valori. Quando rimuoviamo le implicazioni conservative che ora circondano il termine moralitร e lo consideriamo in quanto comportamento che รจ riflesso di un grande rispetto per la vita, ci avviciniamo al vero significato di morale. Dopotutto, รจ desiderio di ognuno essere trattato con giustizia, gentilezza e rispetto. Questo รจ possibile solo se le nostre azioni sono guidate da solidi principi moraliโ.
E mentre si fa continuamente riferimento a yama e niyama, si narra dellโimportanza di incontrarsi fra insegnanti, di organizzare incontri regolari, magari a cadenza fissa, per discutere le difficoltร degli allievi, studiare strategie per interventi efficaci, o semplicemente socializzare.
Sugli allievi ritardatari…
Nelle mie lezioni, gli allievi che arrivino in leggero ritardo aspettano, almeno, fuori della porta che noi che siamo giร dentro abbiamo terminato di recitare il canto dโinizio, per rispetto di coloro che stanno cantando e che sono arrivati secondo lโora di inizio della lezione. Mi ha fatto piacere trovare che anche Donna Farhi, lโautrice di questo libro, per le sue lezioni, chieda espressamente ai suoi allievi di aspettare il termine del canto dโinizio per entrare nella sala.
A proposito del silenzio (e di alcune norme di comportamento da affiggere allโinterno del Centro presso cui si insegna) in Insegno Yoga si parla dellโimportanza di mantenere la voce bassa, o di non parlare affatto, una richiesta che spesso proviene dagli allievi stessi – a me capita decine di volte che qualcuno alla fine della lezione mi dica: โquando esco dalla lezione di yoga non ho proprio voglia di parlare, e mi dร fastidio la voce alta degli altriโ, allora abbiamo disseminato le scale e gli spogliatoi di cartelli che recitano โSssst! Yoga in corsoโ o โPer favore parlate sottovoce. Cโรจ qualcuno giร in salaโ. Donna Farhi scrive che addirittura, nei ritiri intensivi, lei chiede di mantenere il silenzio anche nei bagni, per non perdere il โfocusโ. Dโaltra parte ci sarร un motivo se andiamo in cerca di โsettimane di silenzioโ โ o โdi desertoโ come sono anche chiamate โ per disintossicarci dal rumore, dalle parole. Se veniamo a fare yoga per chiacchierare (prima e/o dopo), forse dovremmo trovare altre occasioni, credo. E soprattutto in sala non si dovrebbe proprio parlare.
… e sui ritardatari insegnanti
In Insegno Yoga ci sono pagine dedicate al โdress codeโ, lo stile di abbigliamento, allโinterno del Centro yoga che frequentiamo (codice che vale sia per gli insegnanti sia per gli allievi) lโautrice ha stilato anche un elenco di istruzioni da appendere fuori della porta. Lโha intitolato โWelcome to the Yoga Treeโ, (in italiano Benvenuto allo Yoga Tree). Fra le cose a cui fare attenzione cโรจ โmai portare il cellulare nella sala. Lasciatelo nella vostra autoโ. Non ci credo di aver letto questa cosa, vorrei poterla chiedere anche dove insegno io – e vorrei poterla chiedere a chi va a teatro, in un museo, al cinema, e in tutte quelle occasioni in cui non si puรฒ rispondere e perciรฒ non serve che portar con sรฉ il cellulare. Ci sarร tempo dopo la lezione di vedere chi ti ha cercato. In compenso capita sempre che i cellulari, lasciati negli spogliatoi (magari non troppo lontani dalla sala) suonino, perchรฉ ci siamo dimenticati di spegnerli/silenziarli.
Troppo divertente รจ tutto il capitolo che riguarda lโabbigliamento appropriato per la pratica: rivolto sia agli insegnanti (soprattutto), sia agli allievi. Narra, parafrasando il film Blade runner, di come โvedemmo cose che non potete immaginareโ fuoriuscire da micromagliette, mutande, calzoncini… Va bene che lo yoga in passato era praticato col corpo nudo, ma si era da soli, si era nella foresta, si era al massimo con il proprio guru, si era tutti maschi! Farhi riporta racconti ed esempi che chi insegna non puรฒ non riconoscere, problematiche pratiche con cui tutti abbiamo a che fare, prima o poi, e perciรฒ molto rilevanti – non si deve sempre parlare solo dei massimi sistemi! In una scuola possono esserci anche problematiche di questo tipo e bene ha fatto lโautrice a scriverne, proponendo soluzioni.
Donna Farhi consiglia di vestire abiti comodi, di non avere profumi troppo forti, di avvertire lโinsegnante se abbiamo qualcosa che non va, perchรฉ non tutte le posizioni sono adatte a tutti, ma anche che non รจ richiesta una particolare flessibilitร , lo yoga รจ per tutti. Cโรจ anche scritto di arrivare presto alla lezione e, se siamo arrivati allโultimo momento, aspettare fuori dalla porta che lโinsegnante abbia cominciato a parlare e/o siano cominciati i movimenti e le posizioni e solo a quel punto entrare, srotolare il tappetino ed entrare il piรน lentamente e quietamente che possiamo. Tutti ottimi consigli che sarebbe un sogno vedere messi in pratica regolarmente!
Questioni etiche nello yoga
Evidenziate da un fondino che ci permette subito di trovarle, sono trattate molte questioni che riguardano lโetica (denaro, numero di allievi in una classe, rapporti confidenziali con gli allievi/e ecc.). Un paragrafo รจ dedicato alla โconfidenzaโ, allโopportunitร o meno di usare qualche confidenza che un allievo o unโallieva ci ha fatto (sul suo stato di salute o altro) per illustrare qualcosa, e/o parlare di lui/lei con altri/e allievi/e. Insomma, la ricerca รจ quella di un comportamento professionalmente etico, anche se confidenziale, con gli allievi. Molto interessante anche il ruolo dellโinsegnante visto dalla parte dellโallievo: Archetipi: come vive lโinsegnante nella mente dellโallievo (terapeuta, prete, parente, amante, transfert ecc.).
Il libro sullo yoga che non cโera
Bellissimo! Necessario! Era ora! Questo libro si rivolge prevalentemente agli insegnanti, ma non โ come altri libri โ con delle tecniche. Qua cโรจ il โcomeโ originario, prima, durante e dopo il โcosaโ.
In effetti occorre stabilire dei paletti, dopo un poโ che insegni, e soprattutto quando si comincia ad avere un’esperienza pluriennale non ci si puรฒ permettere di “fare le cose un po’ cosรฌ”, con pressappochismo.
Infine e finalmente โ cosรฌ magari ci capiamo su ciรฒ che stiamo facendo quando decidiamo di insegnare yoga (e non stretching, nรฉ pilates, nรฉ training autogeno, nรฉ genericamente โpsicoterapia di gruppoโ, nรฉ โsiamo un gruppo di amici che si trovano per stare beneโ) โ lโautrice propone un codice etico, creato dal Centro per la ricerca e lโeducazione yoga (Yrec, Yoga Research and Education Center). Il mio consiglio รจ di osservare con attenzione ciascun punto di questo codice e, se dirigiamo un Centro yoga, adattarne ognuno alla nostra particolare situazione, andando โoltreโ il codice.
Il codice apre con 5 delle 10 โindicazioniโ di comportamento scritte da Patanjali negli Yoga-sutra: ahimsa, satya, asteya, brahmacharya, aparigraha, e poi elenca 18 punti che cominciano tutti con โGli insegnanti di yoga…โ si asterranno dal…, sono aperti a…, eviteranno di…, faranno…, non forzeranno mai…, eccetera. Un codice deontologico, proprio come quello che si sta cercando di creare anche in Italia (la Yani โ Yoga Associazione Nazionale Insegnanti โ di Milano in testa) e in Europa, perchรฉ ormai chiunque crede di poter insegnare una disciplina cosรฌ complessa e profonda come lo yoga dopo un annetto o pochi week–end di โcorsiโ, senza che la propria vita sia coinvolta, immaginando di fare lโinsegnante di yoga come si farebbe lโistruttore di nuoto o di ginnastica aerobica. Ecco anche perchรฉ cโรจ bisogno di un libro come questo. Che finora non cโera!
Cinzia Picchioni
Insegno yoga, Macro Edizioni
Un libro di grande valore per la formazione e la crescita di ogni insegnante. Un testo ricco di esempi di situazioni complesse incontrate da Donna nel corso della sua esperienza professionale pluridecennale, utili per migliorare il rapporto con gli allievi, partendo dalle’etica e dalla comunicazione.