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LA RABBIA FEMMINILE

Tutti proviamo rabbia, ovviamente. Nonostante ciò, la rabbia femminile ha una pessima reputazione anche se poi, a ben vedere, è una delle emozioni più cariche di speranza in quanto proietta al futuro. Cioè fa da ponte tra ciò che “dovrebbe” essere e ciò che è: genera trasformazioni.  Questo è quanto afferma Soraya Chemaly nel suo libro “La rabbia ti fa bella”. L’autrice fa una ricca e vasta disamina dei fattori socio-culturali, ambientali, storici, di genere e molto più, che si legano al tema della rabbia. Nel suo libro ci porta a notare come la rabbia è un valido strumento in quanto è un’emozione che si attiva per avvertirci che ci dobbiamo proteggere. Riconoscere che si prova rabbia significa che ci stiamo legittimando e che il motivo per cui ci arrabbiamo indica che ci stiamo prendendo sul serio.

Ma che cosa succede se questa rabbia non riusciamo a legittimarla e il contesto in cui viviamo la scredita come di poco conto? La Chemaly recupera i dati di studi su scala mondiale da cui emerge che la rabbia Femminile è screditata in quasi ogni ambito, tranne in quelli in cui è richiesto alla donna di assolvere un ruolo legato al suo genere come, ad esempio, essere madre, insegnante, caregiver, in questo caso l’espressione della rabbia è ritenuta accettabile.

Impara a dire NO

Ma in cosa consiste la Rabbia? Consiste nel dire NO in una realtà in cui le donne sono condizionate a dire tutto ciò che vogliono tranne NO, generando pertanto un sistema di delegittimazione dei propri bisogni e dando priorità ai bisogni altrui. Questo atteggiamento porta ad accantonare la propria rabbia per favorire allentamenti di tensioni ed evitare conflitti, ma, di fatto, aumentando conflitti interni che si riversano nel fisico, nelle abitudini alimentari, nelle relazioni, nel ridurre la propria autostima, nel generare ansia, depressione, autolesionismo, fino al prodursi di malattie fisiche. Infatti la rabbia, se negata, si intensifica e aumenta lo stress con tutti gli effetti ormonali, a cascata, che produce.

Poiché studi sociali dimostrano come ci sia un aperto disprezzo verso la rabbia femminile che, se espressa, porta essere tacciate di essere pazze, isteriche, irrazionali o ipersensibili, si nota come tale dinamica sociale degenera nel Gaslighting ossia la persistente negazione della soggettività, della coscienza e delle legittime preoccupazioni della donna.  Uno studio condotto negli USA nel 2011, fa notare come mentre è socialmente accettato che un uomo esprima rabbia, non lo è altrettanto la rabbia femminile da cui, invece, ci si attende che che la donna reagisca alle emozioni negative con la tristezza. Ma la tristezza genera un ripiegamento, in termini psicologici, tanto da indurre, a lungo andare, a emozioni depressive, sottomissione, impotenza, congelamento nell’azione

Tale repressione, però, genera una cosiddetta AGGRESSIVITA’ INDIRETTA, cioè le donne nel tentativo di adattarsi a questa emozione frustrata, la sfogano in altre forme grazie alle quali possono veicolare e gestire le proprie emozioni negative, quali: pettegolezzo, esclusione silenziosa, sgarbi, allusioni. Tale comportamento, però, è valso a generare la nomea che addita le donne come esseri ingannevoli e manipolatori.

COME LIBERARSI DALLA RABBIA

Ma qui oggi si vuole spingere ad una riflessione più alta. Come uscire da questo limbo? Coltivando elementi quali:

  • senso di meritevolezza
  • valore che ci si dà
  • senso di legittimità

L’espressione efficace della rabbia non può prescindere da questo autoriconoscimento. Legittimare le proprie emozioni negative significa vederle e, poi, esprimerle. Non è necessario essere distruttive, seppure occasionalmente possa essere utile, come ci insegna la Dea Kali, ma saper affermare il proprio sentire è di gran lunga più efficace.

Le emozioni sono serbatoi di energia e la nostra capacità di modularle ci permette di affermarci in forme più efficaci per noi stesse.

danza femminile

In ogni donna risiede un enorme potere e un infinito potenziale, anche derivante dal retaggio che conserviamo delle donne che ci hanno preceduto. Nasciamo, quindi, già con una eredità, sia familiare, sia sociale, sia culturale. Sapersi riconoscere dentro questi cambiamenti permette di sapersi vedere, legittimarsi e darsi valore. Tutte le donne nascono inclini, per loro natura, al cambiamento e alla trasformazione. La rabbia, di fatto, è un’emozione utile che, se sentita e legittimata, offre la spinta al cambiamento. Riconoscere tutti i cambiamenti a cui va incontro una donna nel corso della sua vita, ci permette di guardarci in una chiave necessariamente utile e legittimante della nostra natura, laddove manca questa legittimazione nasce il senso di frustrazione conseguente alla rabbia. Ripercorrere l’infanzia avuta, ricordare cosa è avvenuto quando abbiamo avuto il menarca, riconoscere che il corpo che abbiamo ci richiede una forte conoscenza e altrettanta coscientizzazione dei nostri processi interni, sapere che la menopausa non è un tempo sterile ma è profondamente fecondo, ci apre la via ad una piena coscienza di noi stesse, a riconoscerci come esseri fecondi in ogni ambito delle nostre vite e pertanto esseri che sono capaci di affermare il proprio sentire.

Ci sono diverse pratiche attraverso le quali riprendere contatto con noi stesse qualora sentissimo di esserci smarrite. Si pensi al canto, alla danza, al grounding, strumento utile per affrontare le crisi d’ansia. L’ansia è quel formidabile campanello che ci avvisa che c’è energia repressa.

La buona notizia è che c’è ENERGIA! Attraverso queste pratiche è possibile esercitarsi a ricontattarla e farla fluire.

La rabbia non è solo espressione violenta del proprio sentire ma è, in primis, energia potente di cambiamento e auto-affermazione. Saper riconoscere in noi stesse cosa ci frena nell’affermarci sarà già un buon inizio per riuscire a esprimere i nostri bisogni e sentimenti senza demolire ciò che sentiamo ci appartiene.

Chiara Chiostergi

Lunatika

 

 

 

 

 

Chiara Chiostergi

nasce nel 1981 a Senigallia, in Italia, dove vive e lavora. Dal 2005 si occupa di riabilitazione nell’ambito della neuropsichiatria infantile. Da sempre è appassionata di viaggi e studi antropologici che affrontano il tema del femminile e del sapere delle donne. Grazie all’arrivo della figlia, si radica ancora di più nel suo percorso per e accanto alle donne.  Dal 2016 viaggia per l’Italia portando, alle donne che incontra, questo messaggio di amore, uno sguardo rotondo e accogliente verso se stesse. Una politica di amore che nasce nel corpo e si radica nello spirito.